REPUTAZIONE USA: LE MIGLIORI E LE PEGGIORI

Harris Interactive ha recentemente pubblicato ‘The 2009 annual RQ Summary Report‘, contenente i risultati di una ricerca sulla fiducia dei consumatori nei confronti dei 60 brand “più visibili” d’America.

Effettuata sotto forma di intervista online su un panel di 29,963 consumatori, la survey contiene dati dettagliati sulla percezione della reputazione dei brand nel corso del 2009.

Le aziende da analizzare sono state scelte, in fase preliminare, ponendo ai rispondenti due semplici domande:

-Quali fra tutte le aziende che conosci o di cui hai sentito parlare, hanno secondo te la migliore reputazione?

-Quali fra tutte le aziende che conosci o di cui hai sentito parlare, hanno secondo te la peggiore reputazione?

La qualità della reputazione aziendale è stata poi ‘quantificata’ attraverso l’utilizzo dell’Harris Reputation Quotient (RQ), un quoziente numerico utilizzato fin dal 1999 per misurare la reputazione delle aziende più visibili degli States.

In questo fattore ‘quantitativo’ convergono i punteggi assegnati dai consumatori su 20 diversi aspetti dell’azienda, riguardanti sei ”dimensioni della reputazione”:

social responsability;
-appeal emotivo;

-prodotti e servizi;

-vision e leadership;

-rendimento finanaziario;

-ambiente di lavoro.
 

Nella percezione del pubblico dal punto di vista della responsabilità sociale e dell’appeal emotivo la Johnson & Johnson è risultata la prima azienda degli Stati Uniti; 3M Company è invece al vertice della classifica per la sfera ‘prodotti e servizi’; Berkshire Hathaway è prima per vision, leadership e performance finanziaria; Google, infine, è considerata l’azienda con il miglior ambiente di lavoro.

Confrontando i risultati del 2009 con quelli dell’anno precedente, si osserva che la percezione della reputazione del settore tecnologico rimane la migliore e quella dell’industria del tabacco la peggiore.
L’unico settore in cui si può notare un declino della reputazione rispetto al 2008 è quello delle industrie farmaceutiche.

La ricerca Harris dimostra che:

-vi è l’esistenza di una forte relazione fra la reputazione pubblica e la possibilità che il consumatore acquisti e consigli prodotti e servizi dell’azienda;

-le ‘companies’ con il più basso livello di fiducia sono quelle che hanno il più basso livello di percezione riguardo al servizio clienti e agli standard etici;   

-il ritiro dalla circolazione di prodotti per aziende quali Toyota e Johnson & Johnson non ha inficiato sulla convinzione del consumatore che l’azienda si comporti in modo corretto nel caso di problemi con un prodotto o servizio. 

Altri dati interessanti:

Amazon.com, Krafts Food e Coca Cola sono ai vertici della classifica delle aziende da cui i consumatori compreranno con più probabilità; Berkshire Hathaway, Johnson & Johnson e Apple sono le prime tre aziende in cui i consumatori vorrebbero investire in futuro.

Risulta inoltre dalla ricerca che una buona percezione della comunicazione corporate è legata soprattutto alla sincerità trasmessa e al rilascio di informazioni corrette e accurate.

Di tutti i termini utilizzati per descrivere la comunicazione corporate delle 60 aziende prese in esame, il più utilizzato è stato “facilmente riconoscibile”, il meno utilizzato “trasparente”.

Tutti i dati e i relativi grafici sono consultabili in pdf.

PR: COME MISURARE I SOCIAL MEDIA

La possibilità di valutare con precisione il rendimento e l’efficacia delle attività di public relations è da sempre al centro di vivaci dibattiti.
Ai media tradizionali – giornali, radio e TV – possono essere applicati sistemi di valutazione ‘standard’ fra cui l’AVE, Advertising Value Equivalency, è certamente il più conosciuto e utilizzato.
Tuttavia l’AVE non si applica ai social media, oggi al centro di numerose attività di PR, che sembrano sottrarsi a qualsiasi sistema tradizionale di misurazione dei risultati.
Come può essere valutato un tweet su Twitter, una fan page su Facebook, una menzione in un blog?
Ged Carroll, responsabile delle strategie digitali alla Ruder Finn, cita una serie di strumenti, gratuiti e a pagamento, specificamente creati per le diverse attività di digital pr, come GoogleAnalytics, Omniture e Radian 6.
Carroll e altri esperti PR concordano sul fatto che, nel valutare la copertura sui social media, la prima domanda da porsi è:
“Cosa vuole davvero ottenere il nostro cliente?”
PR Week ha chiesto a due professionisti della comunicazione – Pam Lyddon, CEO della Bright Star Digital  e Ivan Ristic, direttore della Diffusion  – di descrivere gli strumenti di misurazione e valutazione che utilizzerebbero per due diverse campagne di public relations online.
QUI  L’ARTICOLO COMPLETO DI PR WEEK.

EDELMAN TRUST BAROMETER: 10° SURVEY SU FIDUCIA E CREDIBILITA’

Per il 10° anno Edelman ha pubblicato il ‘Trust Barometer’, contenente i risultati di una survey sulla fiducia e la trasparenza dei consumatori. La ricerca – condotta su persone di diverse età, residenti in 22 nazioni, con un alto livello di cultura – consisteva in un’intervista telefonica di 25 minuti, realizzata in collaborazione con StrategyOne.

Dai risultati si evince che, in generale, la fiducia nelle aziende sta crescendo in maniera modesta, mentre in alcune nazioni occidentali ha subìto un vero balzo: in America, ad esempio, è passato dal 18% al 54%. Richard Edelman afferma però che “la fiducia nelle imprese nasconde una fragilità, perché c’è il rischio che le azioni a breve termine siano state compiute solo come risultato della crisi […] Le aziende dovranno provare agli scettici di avere torto e che possono realizzare contemporaneamente profitti e gli scopi [prefissi]”.Per la prima volta, comunque, dalla ricerca è emerso che fiducia e trasparenza sono fondamentali per un brand quanto la qualità dei prodotti e servizi.
Alcuni dati interessanti: le più credibili informazioni su un’azienda sono quelle fornite dalle relazioni degli analisti (47%) e nei giornali specializzati nel business (42%); la tecnologia supera tutte le altre tipologie di industrie per fiducia accordata.
Per leggere tutti i dati della survey, cliccare qui.
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IL MONITORAGGIO DELLE ATTIVITA’ SUI SOCIAL MEDIA SECONDO K. D. PAINE

Il 2 febbraio si è tenuto il Massachusetts Technology Leadership Council, nel corso del quale Katie Delahaye Paine ha svolto la sua più recente presentazione delle attività di controllo e misurazione dei social media.
Follower di Twitter e fan di Facebook sono stati finalmente inseriti nella sua lista di ”old school metrics”: si noti che per la misurazione dei risultati, però, dei ‘follower’ non conta tanto il numero, quanto la loro attinenza con un target selezionato e rispondente all’obiettivo che la pagina o l’account deve soddisfare.

Katie ha così aggiornato i dati presenti nella sua ‘social media measurament checklist‘, una guida step-by-step per attestare i solidi risultati raggiunti con l’attività sui social media”, da usare per focalizzare i propri obiettivi, stabilire le attività da svolgere, pianificare il monitoraggio dei risultati e prendere nota dei progressi dei risultati.
Ma le attività di comunicazione 2.0 non possono essere le stesse per ogni realtà aziendale, in primo luogo a causa della diversità degli obiettivi da raggiungere.
La scelta di un obiettivo ‘misurabile’, pur se di difficile individuazione, è fondamentale ed è richiesta anche come primo passo nella compilazione della checklist di Paine. Per avere qualche suggerimento in tal senso, si può consultare il recente post di Amber Lanslund, “Come creare obiettivi misurabili”.

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